LA CREDENZA DI DIO

come gli illustri  Marfan, Alzheimer,
Hodgkin e Parkinson, vedessero
deragliare una cena nelle tenebre
del rovello

 

di   TORE XIMENES

Pare che il veneficio a mezzo “tavola” fosse, nel bel tempo antico, pratica non proprio rara. È per questo che scalchi e coppieri dovevano assaggiare vivande e bevande; era il “fare la credenza”, provare cioè l'innocenza del servito. Dall'atto, la parola sarebbe trascorsa alla stanza, poi alla tavola imbandita e, infine, al mobile. Ha voluto, l'autore, visto che di mensa racconta, alludere al serpentino significato? Lo ignoriamo. Giustappunto, l' ignoranza; la cosa che capita meno a sproposito nei discorsi. Nel racconto -acronico quanto basta- quattro celebri convitati, scopritori peritissimi di segmenti finiti di mondo, balbettano, tronfi e goffi, quando si passa al “tutto”. L'operetta procede beatamente verso il caos, scoprendo insospettabili torbidumi dei signori e la sapienza nascosta della governante. A mezz'aria, una domanda: “può una perfetta salute fisica nuocere gravemente alla metafisica?”

ISBN    978-88-906775-5-7

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COMMENTI

Paola Murru  1230

Metti una sera a cena, quattro inediti luminari, accompagnati da consorti, una (im)perfetta padrona di casa, due camerieri come comparse, e una governante dall’eloquio sapiente e dal fare pragmatico. Metti che, improvvisamente, fra dispute dialettiche, sonate al pianoforte e confidenze da salotto, la padrona di casa abbia un’esperienza extracorporea, e volteggi libera sulle teste dei suoi ignari ospiti, con una capatina nell’empireo cielo. Metti che un ‘fantomatico’ scrittore, interno al racconto, affermi che il racconto sia impenetrabile e sia la cultura ad imporci prepotentemente il nesso logico. Aggiungi, infine, che argute strategie di scrittura, marcata intertestualità siano svelate con audace provocazione e tanta, tanta ironia, e allora, e solo allora, avrai ragione di questa folle avventura narrativa, dove il postmoderno trabocca e sconfina senza più trovare argini. Paola Murru